La prima esecuzione assoluta di 11000 Saiten al Bolzano Festival Bozen
Il primo di agosto, nell’ambito del Festival di Bolzano, è stata eseguita per la prima volta l’opera 11000 Saiten di Georg Friedrich Haas, opera commissionata dalla Fondazione Busoni-Mahler. Si tratta di una composizione grandiosa per 50 pianoforti e orchestra da camera, concepita a partire da una sfasatura detta microtonale nell’accordatura dei pianoforti, ognuno calante di due cent rispetto al precedente. Ogni pianoforte suona una parte simile alle altre, ma non uguale. I moduli proposti da Haas hanno inoltre la particolarità di dover rientrare in una tempistica relativamente precisa, fatta anche di decimi di secondo, che il pianista deve osservare con attenzione mentre la partitura scorre su un tablet che volta la pagina digitale al momento giusto. Queste caratteristiche debbono essere assimilate con attenzione per suonare appropriatamente, perché le note in questo caso devono seguire molte indicazioni e restare assolutamente, ma non rigidamente, nei tempi richiesti, senza perdere di vista le voltate automatiche, per un totale di 66 minuti, la durata complessiva del pezzo.
Con un organico inusitato ed estremamente impegnativo anche per la logistica, la prima esecuzione assoluta di 11000 Saiten è stata collocata nel grandissimo padiglione n. 3 della fiera di Bolzano.
Quando ho saputo dell’esistenza di un progetto così ambizioso e che il conservatorio di Bolzano cercava pianisti interessati a parteciparvi, non ho esitato nemmeno un attimo.
Oltre a un’innegabile curiosità, ho avuto molte motivazioni a non perdere questa opportunità unica: la consapevolezza che conoscere attivamente il proprio tempo sia fondamentale, soprattutto quando l’occasione è giusta, a prescindere da ogni retro-pensiero o, addirittura, pregiudizio; la certezza che si trattasse di un evento storico e la possibilità di aggiungere a tutto ciò anche il mio modo di vedere la didattica e i progetti che costruisco ad hoc. Ho infatti immediatamente proposto ad alcuni dei miei allievi già molto avanti con gli studi accademici di unirsi a me, da una parte per condividere impegno ed emozioni, certamente, ma soprattutto perché è soltanto ‘scendendo in campo’ che si affinano le capacità, si osserva e si vive l’interazione, magari con modalità nuove. In sintesi: è nella pratica reale e concreta che si impara l’arte della Musica, a maggior ragione dove qualità ed efficienza devono necessariamente essere in fretta di grado elevato. E da questo punto di vista, 11000 Saiten è stato un enorme laboratorio di apprendimento, arricchimento e diversità, a partire dalla provenienza geografica e dalle differenze anagrafiche e di formazione di ogni musicista, in un contesto assolutamente multiculturale e multilinguistico.
Quando siamo entrati per la prima volta nel padiglione 3 siamo letteralmente rimasti a bocca aperta: in uno spazio immenso i 50 pianoforti verticali delimitavano il cerchio entro il quale si sarebbero disposti immediatamente dopo, cioè al suo interno, gli orchestrali. Il pubblico, invece, proprio al centro, in una sorta di scenografia tanto funzionale quanto esteticamente rilevante. Un’immagine potentissima e in qualche modo anche estraniante per chi suonava: vicinissimi, ma lontani; consapevoli di una grande responsabilità – Haas ci ha raccomandato di sentirci assolutamente ‘solisti’– ma quasi risucchiati all’interno di quello spazio e di quei fenomeni delle meraviglie.
E, a proposito di meraviglie, durante le prime prove dei ‘soli’ pianoforti, abbiamo vissuto la metamorfosi del suono a noi così familiare in un unico, affascinante ma anche spaventevole magma che aveva fagocitato il timbro usuale. Come ha detto Peter Paul Kainrath, coordinatore del Bolzano Festival e custode attentissimo di tutte le fasi della preparazione di 11000 Saiten, è stato impressionante constatare che ci fossero 50 pianoforti, ma non ‘il’ pianoforte, così come lo conosciamo. Con l’orchestra, poi, tutto ciò si è amplificato ancor di più, impastandosi in una gradazione di timbri e volumi travolgente, sorprendente, a tratti ipnotica, in altri enigmatica. L’orecchio ha potuto volare dalla potenza corposa del trombone a quella insolitamente graffiante del clavicembalo, dalle corde dell’arpa ai suoni laceranti prodotti dagli archetti sfregati sui piatti: «Quando, come compositore, lavoro con la musica microtonale, non faccio altro che organizzare in una nuova forma ciò che già esiste», dice Haas.
Si può senz’altro dire che 11000 Saiten è un lavoro che richiede molta energia, sia fisica che psichica. Numerosi i pianisti con stracci, cerotti e guanti protettivi per gli stupefacenti e impegnativi glissandi sui tasti bianchi e neri lungo l’intera tastiera; esorbitante e destabilizzante la massa sonora prodotta dall’insieme dei 50 pianoforti nel fortissimo, mentre l’imperativo, ovviamente, era di restare lucidi, consapevoli e scrupolosi, particolarmente se impegnati, come nel mio caso, in entrambe le esecuzioni previste.
Tutti gli ‘effetti speciali’ di 11000 Saiten hanno catturato il pubblico, seduto proprio nel centro focale dell’evento, nel quale ha potuto sentirsi letteralmente addosso i 66 minuti mirabolanti e vivere da vicino la tensione musicale nella sua accezione più autentica. Dopo i lunghi secondi di evaporazione degli ultimi, celestiali clusters – la coda del pezzo si è protratta in attimi di assoluto silenzio, come pause non scritte invocate però dallo scemare naturale di quel che si andava acquietando dopo la tempesta – finalmente si sono liberati gli applausi, caldi, lunghissimi, festosi. D’altra parte il pubblico aveva compreso bene a tempo debito che si sarebbe trattato di un’esecuzione storica, i biglietti esauriti già in largo anticipo sulla data.
Ho chiesto a Lorenzo De Biase, Viviana Di Rita e Francesco Sentuti, che hanno suonato durante il concerto delle ore 21:00, di raccontare in una parola l’esperienza vissuta; ‘indimenticabile’, hanno detto. Credo che davvero non sia possibile sintesi migliore, a maggior ragione se si considera lo spiegamento di mezzi e forze di cui l’opera necessita.
Infine, è stato molto piacevole ritrovarsi tutti insieme in un buffet che ha stemperato in un ottimo calice fatica ed emozioni e nel quale, con i miei ragazzi, abbiamo avuto l’onore di essere salutati e ringraziati per iscritto dal M° Haas con uno spiritosissimo ‘11000 grazie!’.
E anche noi dobbiamo sentiti ringraziamenti: ai conservatori ‘Luisa D’Annunzio’ di Pescara e ‘Umberto Giordano’ di Foggia per il prezioso supporto; a Stefano Bozolo, coordinatore dei pianisti e delizioso collega del conservatorio di Bolzano, al quale va uno speciale plauso per competenza, dedizione e umanità.
Dopo l’incisione degli gli Studi di Cramer accentuati da Beethoven, 11000 Saiten è il secondo
progetto de La Scala di Viola.
Appena arrivato a Bolzano, provavo di tutto: un po’ di stanchezza per il viaggio, tanta eccitazione per questo progetto… se da una parte non vedevo l’ora di conoscere i pianisti, gli orchestrali, lo stesso Georg Friedrich Haas, poi gli organizzatori e i tecnici, avevo, dall’altra, ancora mille domande sul brano e sulla parte e non nascondevo una certa preoccupazione.
In tre giorni di prove molto intense, il coordinatore dei pianisti M° Stefano Bozolo e il direttore d’orchestra Philipp Steinacker, il compositore e il suo committente Peter Kainrath, hanno dialogato con noi, e con grande professionalità ci hanno concertato, intonato, educato e “spuntato” in quei momenti delicati in cui non solo l’equilibrio dinamico del pezzo, ma anche il suo stesso tessuto armonico chiedevano a ognuno di noi di tendere l’orecchio ai propri vicini e lontani. E lentamente, aggiustando qualche mf e pp, qualche pedale, nasceva la magia di 11000 Saiten, la vertigine di essere una minuscola parte di corpo sonoro enorme. Io, il pianoforte n.41, mi sentivo un piccolo atomo di una grande e complessa molecola, o, se volete, una sola stella di un’immensa galassia, perché con l’azione combinata di alti volumi, la dimensionalità del cinquantetto, e la sua accordatura naturale Haas ci ha restituito un’esperienza scoprente, esterna, quasi spaziale. Ricordo con suggestione le parole di Peter Kainrath “avverto un vento cosmico che arriva da lontano”. Rispetto a questo, tutto il resto perde di significato: le mie mille domande, i dubbi, qualche attimo di tensione, la stanchezza.
Nell’istante in cui il concerto è cominciato, il cronometro è partito, avevo già dimenticato tutto, pronto a calarmi, come una particella fra le altre, in un reticolo di tempo e di suono. Chi di noi si è voltato di quando in quando verso il pubblico, non ha fatto a meno di notare la curiosità che si trasformava in concentrazione, e poi attonimento. Auguro con tutto il cuore a interpreti e ascoltatori futuri di 11000 Saiten di rivivere tutto questo.
Ringrazio ancora Giusy De Berardinis che mi ha regalato questa opportunità, e i miei altri compagni di viaggio Viviana Di Rita e Lorenzo De Biase. Ringrazio tutti gli altri, chi ho conosciuto più da vicino e chi no, perché mi sono sentito a contatto con musicisti di altissimo livello. Spero di ritrovarli.