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Un elenco agile delle fonti delle sonate di Domenico Scarlatti

Le fonti di Domenico Scarlatti

Le fonti e le loro implicazioni rispetto alle edizioni succedutesi nel tempo.

Delle quasi seicento sonate per clavicembalo di Domenico Scarlatti non è stato possibile rintracciare nemmeno una fonte autografa. Una circostanza singolare, che ancora oggi lascia insoluti molti quesiti quanto, per esempio, a genesi e cronologia. La premessa più sorprendente consiste, quindi, nella circostanza che sono a noi pervenute soltanto numerosissime fonti redatte da mani diverse da quelle del compositore e alcune edizioni a stampa.

L’elenco seguente è pertanto da considerarsi come uno schema sommario, agile e assai sintetico dei testimoni più significativi. L’elenco non vuole essere assolutamente esaustivo di una tematica che a tutt’oggi si configura ancora in parte come una vexata quaestio.

Le fonti manoscritte

 Le fonti manoscritte sono costituite principalmente da:

  1. Due grandi corpus, di provenienza spagnola e ciascuno di 15 codici, rispettivamente denominati Venezia (496 sonate) e Parma (463 sonate). Il fondo Venezia contiene anche un esemplare a stampa degli Essercizi.
  2. Alcune ulteriori fonti spagnole, costituite, tra le altre, dai manoscritti dell’Archivio di Saragozza; il manoscritto denominato Granados presso la Biblioteca de Cataluña. Alcune copie sciolte del Monastero di Monserrat; un manoscritto Orféo di Català contenente quindici sonate degli Essercizi (dalla Sonata XVI alla Sonata XXX) e stimata la fonte più antica spagnola.
  3. 12 importanti volumi di proprietà dell’abate Fortunato Santini, di cui cinque copiati dai manoscritti di Parma; 5 volumi del corpus si trovano a Mȕnster (349 sonate) e sette a Vienna (308 sonate).
  4. Due altrettanto significativi codici inglesi, denominati Cambridge 12 (31 sonate) e Cambridge 13 (24 sonate).
  5. Due ulteriori fonti portoghesi: Coimbra e Lisbona, costituite ognuna da una copia manoscritta

Le edizioni a stampa settecentesche

Le sonate di Scarlatti trovarono riscontro anche nelle edizioni a stampa settecentesche, tuttavia il musicista autorizzò soltanto una tra loro, gli Essercizi per Gravicembalo. Questi furono composti dalle sonate successivamente classificate da K1 a K 30 (catalogazione Kirkpatrick), pubblicate da Adamo Scola a Londra, in una data molto probabilmente compresa tra il 1738 e il 1740. Quest’ultima e assai curata edizione si avvalse delle incisioni di Benjamin Fortier.

Agli inizi del 1739 anche Thomas Roseingrave pubblicò per l’editore Cooke due volumi contenenti di nuovo gli Essercizi e dodici sonate, con l’aggiunta di una Fuga di Alessandro Scarlatti. In Commentari all’esemplare Mus. 119 degli Essercizi per Gravicembalo di Domenico Scarlatti della Biblioteca Nazionale Marciana di Venezia, a cura di N. S. Prozhoguin, si afferma che:

«l’esemplare inquadernato MUS.119 degli ‘’Essercizi per Gravicembalo” di Domenico Scarlatti […], «esemplare di un’edizione verosimilmente stampata a Londra tra settembre 1739 e febbraio del 1740», è uno dei tredici attualmente localizzabili e rimanenti dell’apparentemente unica tiratura settecentesca originale […] che pertanto poté essere limitata a non più di duecento esemplari». Detto questo, sappiamo che anche a Parigi apparvero in un periodo compreso tra il 1732 e il 1765 sei fascicoli di sonate, tra le quali alcune spurie, ad opera di un gruppo editoriale definito dal clavicembalista Enrico Baiano «Boiven-Le Clerc».

Si accennava prima, inoltre e tra gli altri, al contributo di un musicista a tutto tondo quale Muzio Clementi, che nella sua edizione Scarlatti’s Chef-d’oeuvre for the Harpsichord or Piano-Forte, pubblicò nel 1791 dodici sonate, di cui due non autentiche.

Le cosiddette «revisioni»

Si potrebbe dire che proprio a partire da Clementi, il quale apportò qualche piccola modifica nell’armonia e in altro, iniziò la consuetudine di intervenire sulle sonate di Scarlatti con modifiche ed elementi estranei alla scrittura originaria. Seguirono infatti e tra gli altri Carl Czerny (1839 ca) e, più tardi, musicisti quali von Bülow, già ovviamente intrisi di quel gusto musicale romantico e post romantico, sul quale si è basata a lungo la figura del revisore. Per fare un esempio pratico, basti ricordare che nella celeberrima antologia di von Bȕlow degli studi di Cramer furono ‘ritoccati’ tutti gli aspetti fondanti di una composizione. Bulow, infatti, rimaneggiò l’ordine originale degli studi rivendicando il concetto di progressiva utilità degli stessi; trasportò mezzo tono sotto lo studio n. 3 in nome di una presunta maggiore cantabilità e possibilità di legato rispetto alla tonalità originaria di Re maggiore; intervenne sul fraseggio (si veda per esempio il n. 7), modificandolo a suo esclusivo giudizio.

Si può ben comprendere, pertanto, in quale contesto ideologico fossero immersi i pur validissimi musicisti che si incaricarono agli inizi del Novecento di ‘revisionare’ le composizioni del Seicento e Settecento, la cui originaria interpretazione, al contrario, si era fondata su criteri di fatto concettualmente opposti al loro operato.

Alessandro Longo

Meritoria senza dubbio fu l’opera di Alessandro Longo (1864 -1945), importante pianista e didatta napoletano e artefice della prima grande edizione moderna delle sonate di Scarlatti, nella quale ne ripropose ben 544. Longo però, erede proprio di quel gusto post-romantico, e non supportato dalla cultura musicologica che si affermerà successivamente e in modo stringente nel corso del Novecento, incorse in una serie di interventi lesivi della struttura portante del linguaggio scarlattiano. Sono ormai note da tempo, infatti, le sue epurazioni armoniche, con cancellazioni e aggiunte volte ad addomesticare il discorso musicale a parametri evidentemente reputati più ‘normali’ e ‘correnti’. Ma non è tutto: Longo aggiunse infatti indicazioni di fraseggio, di dinamica e soluzioni del tutto personali all’interpretazione degli ornamenti.

Al pianista napoletano si deve anche la fortunata classificazione con la lettera ‘L’ delle sonate, che non tenne conto, tuttavia, delle implicazioni certamente non univoche provenienti dalle fonti allora note (mancavano illo tempore le non ancora catalogate fonti di Parma e Mȕnster).

Ralph Kirkpatrick

Già dal 1940 il grande clavicembalista Ralph Kirkpatrick (1911–1984) aveva avviato un pregevole studio biografico e musicologico che nel 1953 si concretizzò nella grande monografia Domenico Scarlatti, in cui fornì una nuova classificazione che si può ben dire felice, dal momento che la lettera ‘K’ è attualmente la più usata nella definizione veloce delle sonate di Scarlatti. Detta importante classificazione ordinò tutte le sonate «secondo un ordine cronologico», che tuttavia presenta ancora oggi una serie di dubbi musicologici insoluti. Nello stesso anno Kirkpatrick dette un contributo notevole all’approfondimento di studio delle sonate anche per mezzo della pubblicazione di sessanta di queste per l’editore Schirmer, che dichiarò egli stesso complementari allo monografia dedicata all’uomo e compositore.

L’edizione, in due volumi, ha un titolo assai esplicativo: Sixty Sonatas, Edited in Chronological from the manuscript and Earliest Printed Sources, è cioè formulata a partire dalle stampe antiche degli Essercizi e delle sonate di Roseingrave e, a seguire, dai fondi manoscritti Venezia e Parma. È inoltre fornita di un’esaustiva prefazione e propone il testo senza interventi, lasciando i commenti del curatore in appendice al secondo volume. Rimarchevole è anche l’intuizione e la restituzione delle sonate concepite in coppie, nonché la volontà, attraverso una serie di consigli che oggi diremmo ‘storicamente informati’, di indirizzare l’interprete verso il rispetto della corretta prassi esecutiva, o di quella ad essa più vicina, delle composizioni. In sintesi, i due volumi di Kirkpatrick, supportati dal suo fondamentale lavoro di ricerca su Domenico Scarlatti, rappresentano il primo dei passi che porterà alla concezione di un’edizione critica dell’opera omnia

Giorgio Pestelli e Kenneth Gilbert

Nel 1967 il musicologo Giorgio Pestelli dedicò una nuova monografia a Domenico Scarlatti, proponendo un diverso ordine delle sonate caratterizzato dalla lettera ‘P’, che però non trovò seguito. Più tardi, nel 1973, si avviò anche la pubblicazione della casa editrice francese Heugel di un’edizione delle sonate scarlattiane, a cura del clavicembalista e musicologo Kenneth Gilbert (1931–2020), in cui lo studioso avallò in toto la classificazione di Kirkpatrick. Il suo lavoro fu un ulteriore passo in avanti nella riproposizione del corpus delle sonate, ma non abbastanza congruo quanto a metodo e dettagli. Gilbert, infatti, compilò un apparato critico troppo scarno rispetto alle molteplici questioni e suggestioni delle principali fonti e incappò, in alcuni casi, in un’assai inverosimile riproposizione di versioni corrotte dalle operazioni di revisione di cui sopra.

Emilia Fadini

Immediatamente dopo il lavoro di Gilbert, nel 1978, apparve per casa Ricordi l’edizione critica di Emilia Fadini, basata sulle fonti Venezia e Parma e integrata a seguire con le sonate di cui si aveva conoscenza per mezzo di tutti gli altri testimoni. Nel corso degli anni furono in una prima fase pubblicati in successione otto volumi, mentre il nono e il decimo apparvero rispettivamente nel 2016 e 2021, con la collaborazione di Marco Moiraghi per il nono volume e a cura di quest’ultimo e con la supervisione di Fadini quanto al decimo (sul sito di Ricordi attualmente l’undicesimo volume, a cura di Moiraghi, è dato «in preparazione»).

Il lavoro presenta un dettagliato apparato critico e una nuova catalogazione delle sonate caratterizzate dalla lettera ‘F’, resasi necessaria per un diverso ordine cronologico stabilito dalla studiosa, che al contrario di Kirkpatrick, non pose le trenta sonate degli Essercizi come prime della lunghissima serie.

La pubblicazione segue i parametri di un’edizione critica, scegliendo per la stampa la versione reputata più autorevole e riportando in apparato tutte le variazioni conosciute al momento. L’edizione curata da Emilia Fadini è quanto di più attendibile sia al momento disponibile per gli interpreti delle sonate di Domenico Scarlatti.

Giusy De Berardinis

Leggi anche: Emilia Fadini: il rinnovamento didattico nei Conservatori di musica


Bibliografia:

Ralph Kirkpatrick, Domenico Scarlatti, Princeton University Press, 1953.

Domenico Scarlatti, Sixty Sonatas, Edited in Chronological from the manuscript and Earliest Printed Sources with a Preface by Ralph Kirkpatrick, G. Schirmer, Inc., New York 1953.

Giorgio Pestelli, Le Sonate di Domenico ScarlattiProposta di un ordinamento cronologico, G. Giappichelli, Torino 1967.

Domenico Scarlatti, Sonates, Èdition par Kenneth Gilbert, Heugel, Parigi 1973 e seg.

Domenico Scarlatti, Sonate per Clavicembalo, Edizione critica a cura di Emilia Fadini, Ricordi, Milano 1978 e seg.

Agueda Pedrero Encabo: Una nuova fonte degli «Essercizi» di Domenico Scarlatti: il manoscritto Orfeó Catalá (E-OC), in: «Fonti Musicali Italiane», No. 17 (2012), pp.151-173, 2012.

Enrico Baiano – Marco Moiraghi, Le Sonate di Domenico Scarlatti, Contesto, Testo, Interpretazione, LIM, Lucca 2014

Serguei N. Prozhoguin, Commentari dell’esemplare mus.119 degli “Essercizi per gravicembalo” di Domenico Scarlatti della Biblioteca nazionale Marciana di Venezia [Allegato (II – MUS.119) alla [Allegato (II – MUS.119) alla “Scheda Possessori” dei codici scarlattiani della BNM], Venezia, 2020/21/22.


Immagine

Biblioteca Nazionale Marciana – It. IV, 199 (=9770) piatto anteriore

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