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Una breve biografia di Domenico Scarlatti: da Napoli alla corte portoghese e a quella spagnola

Cenni biografici di una vita ancora non sufficientemente documentata

Giuseppe Domenico Scarlatti nacque a Napoli il 26 ottobre 1685 da Alessandro e Antonia Anzalone, sesto di dieci figli. Ricevette la prima formazione da suo padre, musicista di grande rilievo della scuola napoletana e di origini siciliane. Alessandro, infatti, fu battezzato a Palermo e suo padre, documentato con il nome di  Pietro Scarlata, risulta essere stato anch’egli musicista, nato e vissuto a Trapani. Il giovane Domenico cominciò prestissimo a esercitare la professione, senza trascurare sia di perfezionarsi che di farsi conoscere: infatti già nel 1701 ricoprì il ruolo di organista e compositore della Cappella di Napoli, mentre l’anno successivo trascorse un periodo di quattro mesi con il padre presso la corte di Ferdinando de’ Medici a Firenze.

Il periodo veneziano di Domenico Scarlatti

A causa della guerra di successione spagnola scoppiata intanto a Napoli, Alessandro si trasferì successivamente a Roma, lasciando vacante il suo posto. Domenico invece dal novembre 1702 risiedette di nuovo a Napoli, dove, pur non riuscendo a succedere al prestigioso ruolo paterno, lavorò tra il 1703 e il 1705 presso il Teatro San Bartolomeo e compose opere teatrali. Di conseguenza nel 1705, accompagnato dal cantante Nicolò Grimaldi, Domenico si recò a Venezia, sperando al contempo in un impiego presso la corte medicea, che però non si concretizzò. Nonostante la giovanissima età, si ascrivono a questo periodo la composizione di un mottetto a 5 voci e, più precisamente tra il 1699 e il 1703, le prime cantate da camera. Non si conosce molto delle attività che il giovane Scarlatti svolse nella città lagunare, ma sicuramente fu affidato agli insegnamenti di Francesco Gasparini, legato ad Alessandro da una profonda amicizia, maestro all’ospedale della Pietà e autore nel 1708 del famoso e importante trattato L’Armonico Pratico al Cimbalo. A Venezia, Domenico conobbe inoltre Thomas Roseingrave, un cembalista irlandese entusiasta delle doti del giovane italiano, che più tardi, intorno al 1739, fece pubblicare due libri di sue sonate. Benché scarno di notizie, il soggiorno nella pulsante vita musicale di Venezia dovette arricchire notevolmente Domenico, che vi incontrò per la prima volta anche Georg Friedrich Händel.

Dieci importanti anni a Roma

Richiamato a Napoli Alessandro nel dicembre del 1708 dal viceré Cardinal Grimaldi, Domenico si trasferì nel 1709 a Roma, dove rimase ben dieci anni e grazie alla protezione del Cardinale Ottoboni, agli indubbi benefici della fama di suo padre e alle sue straordinarie capacità, ottenne incarichi di tutto prestigio, divenendo maestro di cappella della regina di Polonia in esilio, Maria Casimira, e assistente del direttore della Cappella Giulia Tommaso Baj, di cui fu successore dopo la sua morte. A questo periodo risalgono anche la celeberrima gara con Händel, che Domenico vinse al cembalo e perse all’organo, a riprova del suo grande talento e la prima documentazione di una sua esibizione come cantante nel Palazzo della Principessa Albani. In un contesto culturale così elevato, oltretutto, Domenico poté beneficiare non soltanto della scuola di grande livello di Alessandro, ma anche confrontarsi, secondo il clavicembalista Ralph Kirkpatrick, con le composizioni di Arcangelo Corelli e Bernardo Pasquini: un trio di assoluta eccezione e di notevole ispirazione per mettere solide basi alla sua vita di compositore, che in quel momento aveva al suo attivo già sette opere teatrali.

Negli stessi anni Scarlatti ebbe inoltre importanti incarichi in Vaticano: infatti dal 1713 divenne assistente del maestro di cappella presso la Basilica di San Pietro e dal 1714 fino al 1719 assunse l’incarico come titolare. A questo periodo appartiene probabilmente uno Stabat Mater a 10 voci con organo, mentre la serenata Applauso Genetliaco, commissionata dalla corte portoghese ed eseguita a Roma nell’agosto 1714, gli farà da primo tramite con il Marchese De Fontes, ambasciatore portoghese presso la Stato Pontificio.

Il trasferimento a Lisbona

Cinque anni dopo, infatti, cioè il 29 novembre 1719, Scarlatti assunse a Lisbona l’incarico di «compositore del re» alla corte di João V e quello di insegnante del fratello del sovrano, António, e della figlia, María Bárbara, entrambi dotati di notevole talento musicale. Proprio nella circostanza della sua assunzione si registra un’altra testimonianza della sua attività di cantante, accompagnato nel palazzo reale dalla regina Maria Anna d’Austria. A Lisbona Domenico visse fervidamente la sua vita di musicista, componendo molte opere (se ne contano almeno ventitré tra cantate, oratori e serenate), consolidando al contempo il rapporto professionale e umano con l’Infanta, rapporto che proseguì inalterato fino alla sua morte. Benché stabile presso la corte portoghese, sono documentati in questo periodo diversi viaggi, non soltanto in Italia, ma anche in Francia e Inghilterra, che sicuramente favorirono una prima conoscenza delle sue sonate.

Il servizio presso la corte spagnola

Rientrato in Italia nel 1727 per problemi di salute, Scarlatti si sposò l’anno seguente a Roma con la sedicenne Maria Caterina Gentili e rientrò in Portogallo nel 1729 con al seguito la moglie e due figli. Nello stesso anno dovette però trasferirsi a Siviglia su ordine del re e per precisa richiesta di María Bárbara che, divenuta sposa di Fernando delle Asturie, non volle rinunciare alla presenza e agli insegnamenti di Domenico. Ciò comportò un significativo cambiamento per il musicista, che passò da articolate mansioni di rappresentanza della monarchia portoghese a quella di semplice insegnante della Principessa e del consorte. Divenuto Cavaliere dell’Ordine di Santiago nel 1738, in un periodo immediatamente successivo, cioè tra il 1738 e il 1740, autorizzò l’unica stampa di trenta sonate. Apparvero infatti a Londra, a cura dell’editore Adamo Scola, gli Essercizi per Gravicembalo, che dovettero probabilmente rappresentare una scelta oculata delle più opportune composizioni da presentare al pubblico. Nonostante questa circostanza assai rilevante, il periodo spagnolo di Scarlatti è scarso di notizie, mentre più noti sono al contrario gli spostamenti della corte che ovviamente lo interessarono, alternando la residenza tra Madrid, L’Escorial e Aranjuez e gli permisero di assimilare in maniera approfondita la cultura musicale tradizionale spagnola.

Deceduta nel 1739 la prima moglie a soli ventisette anni, con la quale aveva concepito ben sei figli, Domenico sposò poco dopo Anastasia Ximenes, con la quale ne ebbe altri quattro.

La fondamentale presenza alla corte di Carlo Broschi, detto Farinelli

È importante ricordare la presenza alla corte spagnola del cantante castrato Carlo Broschi, detto Farinelli, già dal 1737. Quando nel 1746  Fernando e María Bárbara divennero sovrani, dovettero necessariamente cambiare le loro abitudini in favore di una maggiore incisività nella vita pubblica e, di conseguenza, gli spettacoli di corte, l’opera in primis, furono affidati proprio al Farinelli. Benché Domenico continuasse a esercitare principalmente il suo ruolo di insegnante dei sovrani, è probabile che alcune sue composizioni da camera furono composte proprio per questo genere di circostanze, anche in virtù dell’amicizia che lo legò al cantante.

Gli ultimi anni di Scarlatti

Più tardi Domenico cominciò ad accusare problemi di salute di un’entità tale da impedirgli di allontanarsi da casa. Forse a causa di questa condizione e per volontà della regina María Bárbara, negli ultimi anni fu indotto a fare una sorta di inventario delle sue sonate e perciò a farle copiare. I quindici codici spagnoli che ne scaturirono e che costituiscono oggi il preziosissimo Fondo Venezia, conservato presso la Biblioteca Marciana della città lagunare, sono considerati i testimoni più organici tra quelli pervenuti. Fu proprio Farinelli a portarli in Italia, grazie alla volontà di María Bárbara, che li affidò al cantante una volta deceduto Scarlatti.

Leggi anche: Un elenco agile delle fonti delle sonate di Domenico Scarlatti

Domenico si spense a Madrid il 23 luglio 1759. Ha lasciato molte opere teatrali, di musica sacra e soprattutto quasi seicento sonate per clavicembalo, che hanno dato un contributo enorme non solo alla letteratura musicale, ma anche e soprattutto all’evoluzione della tecnica cembalistica, spingendola a quei limiti estremi che costituiranno il ponte di lancio per la transizione a quella pianistica. Secondo Emilia Fadini, infatti, «Scarlatti […] è anche un precursore; la sua esplorazione armonica, indipendentemente dall’influsso spagnolo, supera di gran lunga il suo tempo. Determinate sonate, oserei dire, prefigurano il XIX secolo».

Giusy De Berardinis


Bibliografia:

Ralph Kirkpatrick, Domenico Scarlatti, Princeton University Press, 1953.

Giorgio Pestelli, Le Sonate di Domenico Scarlatti – Proposta di un ordinamento cronologico, G. Giappichelli, Torino 1967.

Enrico Baiano – Marco Moiraghi, Le Sonate di Domenico Scarlatti, Contesto, Testo, Interpretazione, LIM, Lucca 2014.

La frase di Emilia Fadini riportata a fine articolo è tratta dalla lettera di saluto della famiglia Fadini per International Piano Competition Domenico Scarlatti di Trapani. Sua nipote Valérie Fadini, che ringrazio moltissimo per le informazioni a proposito, l’aveva trascritta nei suoi appunti personali in una delle numerose conversazioni e collaborazioni con la grande musicista.

Crediti:

Illustrazione di Matteo Bergamelli raffigurante Domenico Scarlatti


International Piano Competition “Domenico Scarlatti”

Giusy De Berardinis: un sentito ricordo per la grande clavicembalista e didatta Emilia Fadini

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