Le annotazioni di Beethoven sull’accentuazione musicale ritrovate nei 21 studi di J. B. Cramer. Traduzione in lingua italiana.
Le osservazioni di Beethoven concernono diversi aspetti estremamente interessanti, in modo particolare quello sull’accentuazione secondo i piedi metrici quantitativi. Gli altri punti salienti riguardano l’estrema cura, ben oltre la letteralità dei testi, per il legato e legatissimo, l’individuazione di melodie nascoste e della conseguente polifonia che viene a generarsi, secondo una lettura che possiamo definire prosodica, ‘trasversale’ e densa. In quattro degli studi vi sono inoltre indicazioni sulla posizione della mano e del polso.
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Le edizioni degli Studi di Cramer con le annotazioni di Beethoven
I ventuno studi di Cramer con le annotazioni di Beethoven furono editati la prima volta nel 1893 da John Shedlock. Lo studioso rinvenì la copia appartenuta ad Anton Schindler presso la Biblioteca statale di Berlino e la pubblicò immediatamente, traducendo in inglese le preziose indicazioni. Soltanto nel 1961 l’opera vide nuovamente la luce in lingua tedesca, grazie ad Anna Gertrud Huber. Infine, nel 1974, Hans Kann pubblicò nuovamente i 21 studi con le annotazioni originali in tedesco e un ricco apparato di esercizi di Beethoven, attinti anche da altre fonti.
Le annotazioni e le conseguenze sull’interpretazione
Le osservazioni di Beethoven concernono diversi aspetti estremamente interessanti, in modo particolare quello sull’accentuazione secondo i piedi metrici quantitativi. Gli altri punti salienti riguardano l’estrema cura, ben oltre la letteralità dei testi, per il legato e legatissimo, l’individuazione di melodie nascoste e della conseguente polifonia che viene a generarsi, secondo una lettura che possiamo definire prosodica, ‘trasversale’ e densa. In quattro degli studi vi sono inoltre indicazioni sulla posizione della mano e del polso.
Ad oggi le annotazioni di Beethoven sono state scarsamente citate e non rese disponibili nelle varie e famosissime antologie degli studi di Cramer; al contrario, la restituzione dei vari curatori e revisori ha piuttosto modulato l’interpretazione al gusto romantico, mentre l’intento di Beethoven fu sorretto ed elaborato poi genialmente dall’impianto teorico tardo-settecentesco.
Le annotazioni in italiano studio per studio in traduzione inedita
Per la traduzione in italiano un aiuto basilare è stata quella a cura di Barbara Petrucci, divulgata e trasmessa negli anni agli allievi da Emilia Fadini. La grande studiosa integrò anche di suo pugno il testo con alcune precisazioni e sfumature di senso. Altrettanto fondamentale il confronto con la versione in lingua inglese di John Shedlock, leggermente adattata e riportata nel saggio di Dimitris Karidis Beethoven’s annotations to Cramer twenty-one piano studies: context and analysis of performance (2006).
Di grande supporto, infine, è stato l’approfondimento analitico ed esecutivo dei 21 studi.
Di seguito l’elenco delle indicazioni, tutte seguite dalla sigla ‘Beethoven’ e dei tempi di metronomo originali di Cramer, con la descrizione delle attribuzioni di carattere e delle tonalità di pertinenza:
Studio N. 1: Allegro (132 alla semiminima)
Tempo di impianto: 4/4
Tonalità: Do maggiore
«L’accento ritmico è lo stesso su tutti i tempi della battuta. Così si presenta anche nelle progressioni. Per ottenere il legato necessario, il dito non deve alzarsi dalla prima nota di ogni gruppo [di quattro note ciascuno, n.d.r.], fino a quando la quarta non sarà suonata. Con gli allievi questo studio deve essere ovviamente dapprima studiato lentamente».
Studio N. 2: Presto (100 alla minima con punto di valore)
Tempo di impianto: 12/8
Tonalità: Mi minore
«Nello stesso modo l’accento ritmico deve essere posto sulla prima nota di ogni terzina. Nelle prime quattro battute il pollice aderisce fermamente sulla nota fondamentale, in modo che la triade spezzata e tutti gli accordi spezzati siano chiaramente resi percepibili. Per ottenere il legato, le terzine della mano sinistra devono essere trattate ugualmente».
A b. 16 [e presumibilmente fino a b. 19, n.d.r.]: «La melodia si trova nella terza nota della terzina».
Studio N. 3: Moderato (100 alla croma)
Tempo di impianto: 2/4
Tonalità: Re maggiore
«La melodia si trova quasi sempre nella terza nota di ogni gruppo; ma l’accento ritmico va dato uniformemente sulla prima nota. A causa del legato, il dito resta tenuto su questa nota accentata».
Studio N. 4: Con moto (104 alla minima)
Tempo di impianto: 4/4
Tonalità: Do minore
«Qui bisogna tenere conto delle lunghe e delle brevi per tutto il brano, per esempio: la prima lunga (–) la seconda breve (◡), poi di nuovo la terza lunga e la quarta breve, come nella pronuncia di un piede trocaico. All’inizio la prima e la terza nota devono essere allungate intenzionalmente, in modo da far percepire bene la differenza tra lunghe e brevi, ma senza rendere le lunghe puntate. In un secondo momento, con l’incremento della velocità, gli ‘angoli acuti’ saranno smussati. La maggiore consapevolezza dell’allievo sarà di aiuto per ottenere il legato. Le mani devono essere tenute alquanto allargate».
Studio N. 5: Allegro moderato (132 alla semiminima)
Tempo di impianto: 3/4
Tonalità: Do maggiore
«La struttura è a quattro voci. La melodia si trova nel soprano, come è mostrato dalla scrittura. Anche se la scrittura fosse: [vedi esempio sopra] la prima nota di ogni gruppo dovrebbe essere costantemente accentata e tenuta. La voce di mezzo mi-do, fa-do, sol-do, non deve emergere con la stessa forza della voce superiore. La battuta mostra chiaramente un piede trocaico».
Studio N. 6: Vivace (108 alla semiminima)
Tempo di impianto: 2/4
Tonalità: La minore
«L’accento ritmico [si trova, n.d.r.] sulla prima nota di ogni terzina. Ma la distribuzione ritmica, ora lunga, ora breve, deve essere accurata; inoltre si sentirebbe una progressione ritmica alterata nella melodia. Lo studio è a quattro voci fino alla quindicesima battuta».
Studio N. 7: Piuttosto moderato (92 alla minima con punto di valore)
Tempo di impianto: 6/8
Tonalità: Si bemolle maggiore
«Qui la prima e la terza nota di ogni gruppo conducono la melodia (con piede trocaico). Il dito tiene la prima nota (sillaba lunga) per la durata di due crome. Il tenore asseconda il soprano. Di conseguenza il contralto e il basso non devono mai essere evidenziati con la stessa forza».
Studio N. 8: Allegro (84 alla minima)
Tempo di impianto: 4/4
Tonalità: Sol minore
«La melodia si trova nelle note con il gambo in alto. Gli accenti ritmici sono distribuiti inegualmente; nella prima battuta cadono sul primo e terzo tempo, invece nella seconda sulla prima di ogni gruppo. La posizione della mano destra va tenuta ampia e ferma sui tempi accentati (primo e terzo) e sulla prima nota di ogni gruppo delle bb. 2, 4, 6, 8 e 10, altrimenti la mano perde il suo equilibrio».
Alla b. 10: «Il tocco qui uniformemente ampio».
Alle bb. 16 e 17: «A causa della legatura la prima nota (di ogni gruppo) sempre tenuta».
Alla b. 19: «L’accento ritmico uguale su ogni gruppo».
Studio N. 9: Allegro moderato (132 alla croma)
Tempo di impianto: 2/4
Tonalità: Sol maggiore
«Le terzine nel basso portano la melodia. L’accento cade sempre sulla prima di ogni terzina che quasi sempre sostiene la voce di mezzo. Questo studio deve essere praticato all’inizio con un tocco deciso, inoltre lentamente. Dal momento che il carattere della melodia richiede una certa ampiezza, lo studio non deve mai essere suonato velocemente. In un tempo moderato è e rimane difficile, perché l’attenzione dell’esecutore rimane sempre tesa».
Studio N. 12: Moderato espressivo (138 alla croma)
Tempo di impianto: 2/4
Tonalità: La minore
«La melodia si trova sempre nella seconda nota di ogni gruppo, l’accento ritmico cade sulla prima di ogni gruppo. All’inizio lo si deve dare in tempo molto moderato e abbastanza forte, sebbene non con suono corto [«sciolto» correzione di Emilia Fadini, n.d.r.]. Man mano che il tempo diventa più veloce l’accento stridente sparisce e la melodia e il carattere dello studio risalteranno chiaramente».
Studio N: 13: Spiritoso (132 alla semiminima)
Tempo di impianto: 4/4
Tonalità: La maggiore
«Lo scopo è lo studio delle lunghe e delle brevi nei passaggi. L’accento ritmico cade quasi sempre su tutti i tempi della battuta, per esempio dalla seconda alla quinta battuta inclusa e dalla settima all’undicesima inclusa. Lunghe e brevi, le prime le segno con v, mettendolo sotto le note che devono essere accentate. Prestando attenzione alle lunghe e alle brevi, la linea melodica emerge nei passaggi; senza questa attenzione ogni passaggio perde il suo significato».
Studio N. 15: Maestoso (132 alla semiminima) [metronomo originale, ma si tratta con ogni probabilità di 132 alla croma, n.d.r.]
Tempo di impianto: 2/4
Tonalità: Mi bemolle maggiore
«Lunghe e brevi alternativamente in entrambe le mani. L’accento principale è sulla prima nota di ogni gruppo, perciò il dito la tiene con fermezza ad eccezione di quei gruppi che procedono con un intervallo di seconda, come per esempio accade già nella seconda battuta al basso. Dalla b. 13 alla 16 inclusa la melodia si trova nelle note più acute; qui l’accentuazione è di piede giambico. Più avanti, quando il tema viene riproposto, dalla b. 9 alla 12 [ma si tratta delle bb. 33-36, n.d.r.] bisogna prestare attenzione agli accenti della parte interna che segno con v».
Studio N. 16: Moderato con espressione (116 alla semiminima)
Tempo di impianto: 4/4
Tonalità: Fa minore
«Lo scopo qui è lo studio della linea del basso che procede principalmente con lunghe e brevi, delicate e marcate. In alcuni punti uso di nuovo il segno v. Non è possibile segnare tutte le sfumature, come anche in altri brani. Questi studi forniscono consiglio e aiuto per tutti i casi».
Studio N. 18: Allegro (138 alla semicroma)[metronomo originale, ma si tratta con ogni probabilità di 138 alla croma, n.d.r.]
Tempo di impianto: 2/4
Tonalità: Re minore
«Lo scopo è un appropriato trattamento di lunghe e brevi in passaggi che salgono o scendono con intervalli di terza, quarta ecc. La prima e la terza di ogni gruppo sono lunghe, la seconda e la quarta brevi. L’accentuazione è uniforme».
Studio N. 21: Moderato (84 alla semiminima con punto di valore)
Tempo di impianto: 12/8
Tonalità: Sol maggiore
«Si deve prestare attenzione all’accento della quinta nota di ogni gruppo, che nella maggior parte dei casi è una seconda minore. Il piede trocaico è la base di ogni gruppo: la prima nota accentata e lunga, la quinta meno».
Studio N. 23: Con brio (152 alla croma)
Tempo di impianto: 2/4
Tonalità: La maggiore
«La prima nota di ogni gruppo conduce la melodia nella più stretta connessione, motivo per cui il quinto dito non lascia il tasto fino a che non avrà suonato la nota successiva della melodia. Solo in questo modo si potrà acquisire un legato appropriato».
Studio N. 24: Con moto (92 alla semiminima)
Tempo di impianto: 2/4
Tonalità: Re minore
«Nelle prime cinque battute la prima nota della terzina e la terza della seconda devono essere legate nella migliore maniera possibile, in modo che la melodia risulti questa: [vedi esempio sopra] Il dito perciò non deve lasciare la nota lunga. Per il resto vale la regola per l’esecuzione delle terzine [cioè di accentare la prima di ognuna, n.d.r.], ma qui la seconda terzina deve essere meno accentata della prima».
Studio N. 27: Vivacissimo (152 alla minima)
Tempo di impianto: 2/2
Tonalità: La bemolle maggiore
«Prima di tutto si deve cercare la melodia che è distribuita in modo non uniforme. Comincia con mi bemolle, la bemolle, do, la bemolle ecc. Più avanti bisogna suonare tutto con lunghe e brevi, che di fatto si susseguono. Tenere la mano più allargata del solito sui tasti, quasi appoggiata sopra».
Studio N. 29: Presto (132 alla semiminima)
Tempo di impianto: 2/4
Tonalità: Do maggiore
«Lo scopo è di imparare a levare la mano facilmente [«leggermente», correzione di Emilia Fadini, n.d.r.]; ciò si otterrà se la mano sarà sempre posta con fermezza sulla prima delle note legate, muovendosi quasi perpendicolarmente verso l’alto non appena la seconda sarà suonata».
Studio N. 30: Moderato con espressione (132 alla semiminima)
Tempo di impianto: 3/4
Tonalità: Si bemolle minore
«La metrica di questo studio è simile a quella del n. 14 [in Re minore e non incluso nella scelta di Beethoven, n.d.r.] e del n. 21. Si deve sentire il piede trocheo».
Studio N. 41: Aria moderato (116 alla semiminima)
Tempo di impianto: 3/4
Tonalità: Mi maggiore
«Lo scopo è la condotta della seconda voce in una scrittura a quattro parti, con la dovuta attenzione a lunghe e brevi. Questo è tra gli studi più difficili e importanti. Sempre legatissimo».
Le parole illuminanti di Anton Schindler sull’importanza dei piedi poetici
A conclusione della lettura delle annotazioni di Beethoven, vale la pena ricordare le parole di Anton Schindler a proposito dell’accentuazione: «Senza la buona conoscenza dei metri giambo, trocheo, dattilo e spondeo, come delle analoghe forme poetiche, lo studente non può capire su cosa si fonda tutta la musica strumentale, perché da questa conoscenza dipende l’arte dell’accentuazione corretta e della distinzione fra lunghe e brevi negli incisi musicali. La giusta declamazione della poesia serve per analogia».
Docente di Pianoforte, concertista e ricercatrice.
Bibliografia:
ANTON SCHINDLER, Beethoven as I knew him, translated by Constance S. Jolly and annotated by Donald W. MacArdle , Chapel Hill: The University of North Carolina Press 1966.
JOHANN BAPTIST CRAMER, 21 Etfidenftir Klavier, edited by Hans Kann, Wien, Universal Edition 1974.
JOHANN BAPTIST CRAMER, 60 Studi scelti (Bülow), G. Ricordi & C. S. p. A., Milano, ristampa 1973. Le note al numero 7 si trovano a piè di pagina 19.
DIMITRIS KARYDIS, Beethoven’s annotations to Cramer twenty-one piano studies: context and analysis of performance, Presented in Partial Fulfillment of the Requirements for the Degre, ‘Doctor of Musical Arts’ (DMA), City University, Music Department, March 2006.
Immagine:
Andy Warhol, Beethoven (B), 1987. L’immagine è tratta da uno dei quattro ritratti di Beethoven realizzati da Andy Warhol nel 1987.
Giusy De Berardinis
Buongiorno.
Da più di 40 anni, le annotazioni di Beethoven agli studi di Cramer sono state riconosciute come una falsificazione di Anton Schindler.
Sarebbe corretto menzionarlo nel suo articolo.
Per quanto alcune annotazioni possano sembrare plausibili (come lo sono molte delle affermazioni di Schindler), la maggior parte sono banali e scontate.
Per più informazioni:
Beck, Dagmar & Grita Herre (1979): “Anton Schindlers fingierte Eintragungen in den Konversationsheften.” [Anton Schindler’s Fabricated Entries in the Conversation Books.] In Harry Goldschmidt (ed.): Zu Beethoven. Aufsätze und Annotationen. [On Beethoven. Essays and Annotations.] Leipzig.
In lingua inglese:
Schindler’s Beethoven Forgeries
Author: Peter Stadlen
Source: The Musical Times, Vol. 118, No. 1613 (Jul., 1977), pp. 549-552
Yet Another Major Beethoven Forgery by Schindler?
Author: William S. Newman
Source: The Journal of Musicology, Vol. 3, No. 4 (Autumn, 1984), pp. 397-422
Salve e grazie per il suo commento. Nell’articolo di presentazione dei 21 studi, antecedente a quello in oggetto, ho descritto Schindler come un ‘personaggio controverso’, riportando le perplessità sulla sua figura e sulla paternità delle annotazioni. Tuttavia, proprio Newman, tra gli autori da lei consigliati e che di certo non necessita di presentazioni quanto ad autorevolezza, prese in seria considerazione tali annotazioni e tentò per primo di applicarle, seppure con difficoltà, trovandole a volta enigmatiche e ‘laconiche’, cioè tutt’altro che ‘banali e scontate’. Gli studi portati avanti negli ultimi decenni sulla assai complessa questione dell’accentuazione, in Italia soprattutto da Emilia Fadini, al contrario rendono molto interessanti le annotazioni in oggetto, anche laddove non fossero di Beethoven, tanto è vero che Emilia stessa se ne è occupata ancora una volta prima di venire a mancare e ne ha voluto riprendere con nuovi argomenti la discussione nell’ampliamento del suo volume ‘L’accentuazione in musica’. Le consiglio caldamente la lettura del saggio di Dimitri Karydis, ben più recente di quelli che allega e assai circostanziato (gli estremi sono nella bibliografia dei miei scritti), in cui potrà trovare molti spunti di riflessione e approfondimento e in cui, giustamente a mio avviso, si documenta con dovizia di particolari perché non vi è più ragione di dubitare che le annotazioni appartengano a Beethoven. Personalmente, infine, faccio davvero difficoltà a considerare ‘banali e scontate’ indicazioni che di fatto, pur affondando ovviamente nella dottrina della seconda metà del Settecento, la rielaborano in una visione spesso sorprendente (come nel caso delle implicazioni dello studio n. 4, di cui può leggere le mie considerazioni), restituendo in ogni caso aspetti della prassi sui quali, quantomeno, vale la pena di riflettere e soffermarsi.
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